Libertà di guidare

Dal Nuovo Corriere di Firenze del 23 giugno 2011.

“Baby you can drive my car” cantavano i Beatles, ed era il 1965. Una canzone ancora oggi, ammesso che qualche radio la passi mai, dal significato immorale in Arabia Saudita, dove alle donne, tra le tante cose, è impedito anche di guidare. Un divieto che in questi giorni alcune giovani saudite hanno infranto, o meglio, hanno reso noto che stavano infrangendo. Perché molte donne già guidano in Arabia, tuttavia lo fanno di nascosto, per necessità o per sfida. Come la protagonista del film di Panahi, Offside, in cui una giovane iraniana voleva a tutti i costi seguire una partita di pallone decisiva per la nazionale iraniana.

Le donne saudite non possono infatti guidare perché questo comporterebbe, secondo i legislatori (tutti uomini ovviamente), un rischio per loro di contaminarsi. E’ la stessa premura verso la donna che impone loro abbigliamenti, segregazioni, cosa possano o non possano fare o vedere. Un abbraccio a cui le donne tentano, spesso disperatamente, di sfuggire, magari postando su un social network (laddove possano accedere alla rete) un video di loro stesse intente alla guida di un auto.

Naturalmente qui da noi la notizia è stata accolta e relegata tra il colore e il fatto culturale, magari qualche quotidiano ne ha fatto argomento per ricitare a sproposito la Fallaci e per riproporci bignami di luoghi comuni su islam e scontro di civiltà. Neppure una manifestazione, almeno a noi nota, di sostegno alle donne saudite al volante, così come nulla di rilevante si è visto per le donne egiziane escluse dalla rivoluzione dei ciclamini o sulle mille vessazioni che il corpo e l’anima della donna subisce in tante parti del mondo anche non islamiche. Eppure una strage israeliana al confine con la Siria, orchestrata da quest’ultima col chiaro scopo di distogliere l’attenzione sulla già poco attenzionata crisi interna, ha subito fatto scattare decine di militanti in piazza anche qui da noi.

Ecco ci piacerebbe un corteo per le donne saudite al volante, in cui magari noi maschietti si canti a gran voce “baby you can drive my car, and maybe I’ll love you”