Berlusconi ha perso, caccia al vincitore

Il testo integrale del pezzo pubblicato da il Nuovo Corriere di Firenze del 19 maggio 2011.

Bisogna ammetterlo, la migliore analisi del voto l’ha data Verdini. Il suo: “se si esclude Milano abbiamo pareggiato” ricorda la famosa battuta del pugile che tra una ripresa e l’altra chiede al suo secondo come sta andando e questi gli risponde: “se l’ammazzi fai pari”.

Più onesto La Russa che ha sostanzialmente ammesso il fallimento della strategia di spostare l’oggetto della contesa milanese dalla città al Paese e chiede oggi qual è il progetto di città di Pisapia, forse in difficoltà a porre la stessa domanda alla sua candidata che ha dimostrato talmente poco feeling col suo elettorato da risultare staccata di sei punti dall’avversario e di ben quattro punti dai partiti che la sostengono.

Tace invece per ora Berlusconi, probabilmente incredulo di non aver capito che, questa volta, stava sbagliando tattica e consiglieri come gli ha rimproverato a caldo Giuliano Ferrara probabilmente molto irritato (e i risultati gli han dato ragione) di essere stato scavalcato nei favori del premier da una come la Santacché.

Brutta aria anche dalle parti di via Bellerio dove al Carroccio si discute del fatto che non abbia pagato la strategia di smarcarsi dal Pdl e da Berlusconi e che anche la Lega paghi le difficoltà di governo, il mercimonio di parlamentari e sottosegretari e l’inazione dell’esecutivo a cui non han fatto argine gli annunci e pochi spiccioli trovati, all’ultimo da Tremonti. Tuttavia la lega, pare stare meglio del PdL e se deciderà di continuare a smarcarsi da Berlusconi a favore di Tremonti, può contare su un possibile recupero di appeal sul proprio elettorato.

Non pervenuto il terzo polo, Fini praticamente scomparso. Bisognerebbe oggi riprendere i tanti editoriali che ci avevano, nei mesi scorsi, spiegato l’importanza del polo di centro e la sua assoluta rilevanza. L’UdC da solo mediamente prendeva più voti di API, FLI e UDC messi insieme.

Tra i particolari in cronaca si segnala l’esperimento fasciocomunista, sostenuto da FLI, di Pennacchi a Latina che non arriva all’1%. Un segno che speriamo faccia considerare al vincitore dello Strega dello scorso anno di proseguire nella carriera letteraria in maniera esclusiva.

Il PD intanto gioisce e non gli mancano i motivi per farlo. Il partito di Bersani esce meglio di quasi tutti gli altri (l’idv a parte l’esploit di De Magistris è ben lungi dai risultati delle politiche, Sel non sfonda nemmeno dove esprime il candidato) ma si potrebbe dire malgrado sé stesso. Intanto se i ballottaggi di Milano, Napoli e Trieste dovessero andare tutti al centrodestra, il PD avrebbe conservato Torino e Bologna ma perso Napoli. Caso diverso se almeno uno dei tre ballottaggi vedesse prevalere il candidato del centrosinistra, come direbbe Catalano.

Oltre a questo il PD riesce difficilmente a poter trovare uno schema da questo voto: non scioglie il dilemma primarie sì, primarie no: a Milano è in testa il candidato che ha battuto il candidato ufficiale del PD alle primarie mentre a Torino vince al primo turno e bene quel Fassino “imposto” senza primarie al partito locale. A Napoli il pd non arriva nemmeno al ballottaggio e si vede costretto ad appoggiare un candidato che ha fatto tutta la campagna elettorale più contro il candidato democratico che quello del centrodestra. Dunque non scioglie nemmeno il tema delle alleanze (SEl o IdV?) visto che a MIlano deve sorreggere quello di SEL e a Napoli quello dell’IDV. Forse l’unico risultato (ma dubitiamo che andranno così le cose) sarebbe quello di porre fine alla telenovela della larga alleanza col terzo polo, che poi era (in estrema sintesi) la dottrina Bersani D’Alema.

Insomma il PD esce dal voto più forte ma senza aver risolto nessuno dei problemi che lo attanagliano: programma, alleanza, leadership autorevole (soprattutto al suo interno), tuttavia l’esperienza insegna che dopo un risultato positivo le cose si risolvono meglio.

Infine un cenno ai grillini. Che gli piaccia o meno (o che lo ammetta o meno) il comico genovese deve ammettere che il suo movimento va bene dove questo è strutturato, Bologna e Torino, ed è presente (assomiglia dunque a un partito) piuttosto che dove si affida ad uno spontaneismo giovanilista gonfiato dai sondaggi ma non dai voti come a Milano.