la costituzione più evocata del mondo

beautiful_lab_20_anni_di_centrosinistra_in_5_minutiArticolo apparso il 23 maggio 2013 su Corriere Nazionale – Qui Firenze

Insomma la “costituzione più bella del mondo”, quella da difendere alle belle conferenze del professor Ro-do-tà, risulta essere uno dei testi più evocati e meno letti del Paese. Era già accaduto con l’articolo 11 il cui secondo comma non troverete mai stampato sulle magliette in vendita alle grandi manifestazioni di piazza; accade ora con l’articolo 49 in cui si parla di partiti. Già perché nel Paese che ha visto Lusi, Belsito, batman, i diamanti della lega, case intestate a figli di leader, partiti personali, partiti che han fatto un congresso in 10 anni, partiti che non ne hanno fatti affatto; ti aspetteresti che un disegno di legge per regolarne la vita e la prassi democratica non fosse accolto come una norma liberticida. Magari si potrebbe discutere sul merito della proposta Zanda Finocchiaro; del fatto che non regoli il finanziamento pubblico, preveda le primarie come metodo di selezione per tutti e altre storture che lo rendono un testo non certo perfetto. Da qui però ad evocare il tentativo Scelba per mettere fuori legge PCI e MSI (anche se il dibattito storico non ha mai chiarito se Scelba avesse davvero questa intenzione) pare esagerato. Che del progetto si lamenti il demiurgo di un movimento che non ha mai fatto mistero di considerare il parlamento, e più in generale la democrazia, come una tappa di passaggio verso il (proprio) mondo perfetto e che governa senza alcun contrappeso democratico il proprio movimento passi; che la faccenda diventi l’ennesima spaccatura interna del PD appare francamente noioso. Se a questo aggiungiamo che la maggior parte delle critiche arrivino da una parte del partito che ha chiesto primarie aperte anche per la scelta dell’ortolano e che ha costruito larga parte della propria fortuna sul tema del rinnovamento della politica renderebbe la cosa anche divertente, non fosse che ci saremmo anche scocciati della solita polemica pronta ad essere sostituita dal nuovo tema di domani.

Come possono questi partiti battere l’antipolitica?

Dal Nuovo Corriere di Firenze del 19 aprile 2012.

La battaglia dei partiti contro la cosiddetta antipolitica ricorda la battuta del pugile che chiede al secondo come sta andando il match. “Se l’ammazzi fai pari”, gli risponde quello.

Dunque: dal finanziamento pubblico, alla legge elettorale, passando per informazione e credibilità in generale la politica italiana per fare pari col discredito generalizzato che gode nel Paese deve fare un mezzo miracolo.

Certo non occorre generalizzare. Ci sono partiti che col finanziamento pubblico acquistavano lingotti e diamanti e altri che pagano la loro, corretta, vita democratica, così come c’è chi contro al finanziamento lotta da sempre, Radicali in testa e quasi sempre da soli.

Ciò non toglie che la politica stia messa alle corde tutta e che di fronte ad un governo che chiede (o meglio impone) sacrifici e nuove tasse su più o meno tutto, nessuno appaia credibile nel dire che il finanziamento non solo deve essere mantenuto ma non possa neanche diminuire.

Peraltro, come notava qualche giorno fa Massimo Bordin, sentire il genero di Caltagirone e il segretario del partito di Berlusconi dire che senza finanziamento ai partiti le lobby avrebbero dominato il parlamento farebbe sorridere se non dovessimo ogni giorno fare i conti con le aziende che chiudono e le tasse che aumentano.

Certo c’è chi, movimenti politici e gruppi editoriali, soffia sul fuoco del risentimento popolare ma come si fa a non notare che i primi a farsi del male da soli sono proprio i partiti stessi?

Scriveva Ian Mc Ewan che quando uno prova pena per sé stesso sente il bisogno di peggiorare le cose, come interpretare altrimenti il voto di ieri da parte di un parlamento costituito da nominati, incapace di dare un governo al paese, sulla riforma costituzionale del pareggio di bilancio in modo da aggirare il ricorso al referendum confermativo?

E come non notare il silenzio successivo di tutta quella stampa pronta a gridare alla limitazione della sovranità popolare, al regime (da sinistra) o alla sospensione della democrazia (a destra).

Solo il silenzio, sul merito e soprattutto sul metodo di questa riforma.

Forse un silenzio colpevole per non dover riflettere sul fatto che l’unica cosa fatta dai partiti negli ultimi mesi che i cittadini hanno apprezzato è stato il loro mettersi da parte per far posto ai tecnici.  Eppure di partiti e di politica la nostra società ha disperato bisogno, perché la democrazia, occorre ricordare, è il peggiore di tutti i sistemi di governo ad eccezione di tutti gli altri.