Dietro a quella facciata c’è molto di più.

Dal Nuovo Corriere di Firenze del 4 agosto 2011.

La vicenda del rifacimento della facciata della basilica di S. Lorenzo sollevata dal sindaco Renzi ha un altro aspetto, oltre a quelli artistici culturali, da non sottovalutare. Sui primi le sorelle Marx di sabato scorso sulla prima pagina dell’inserto di questo giornale, Cultura Commestibile, han già perfettamente detto, sul secondo forse è il caso di spendere ancora qualche parola.

Il tema è quello del referendum per decidere se procedere o meno al rifacimento della facciata o più in generale se Firenze sia patrimonio disponibile dei soli fiorentini o sia dato a questi in custodia per tutti gli altri. Lungi da me invischiarmi in un dibattitto procedurale sulla liceità dello strumento, sulla titolarità di sindaco e comune e tutte le beghe da costituzionalisti che son solite accompagnare questi dibattiti in Italia. Quello che a me interessa è il metodo politico che tale impostazione presenta.

Ancora una volta Renzi dimostra di non aver bisogno dei corpi intermedi, dei soggetti di rappresentanza degli interessi: la sua legittimazione popolare gli è sufficiente per rapportarsi al popolo per il popolo. Tuttalpiù questi soggetti possono tornare utili, se alleati, nella mobilitazione e nelle eventuali campagne; se inutili possono essere sostituiti da strutture più snelle e più riconducibili all’obiettivo. In fondo così ha legittimato (e vinto) la propria azione politica prima nelle primarie, poi con le liste civiche a suo sostegno e successivamente nella sua azione amministrativa.  Un’azione di rottura e di scardinamento dei vecchi schemi che la città, ingessata da troppi anni, ha dimostrato di apprezzare e che ha contribuito certamente a smuoverla e a rinnovarla.

Tuttavia in questo caso si parla di un’operazione che non consente retromarcia e soprattutto che tocca un aspetto che, ripeto, riguarda solo in parte i Fiorentini. La logica del bene è mio e lo gestisco io, in particolare nei beni artistici, ha limiti che qualche secolo di politica liberale ha conferito (almeno nell’Europa occidentale) a poteri non elettivi, tecnici, per sottrarli, all’inevitabile bisogno di ottenere consenso da parte dei poteri politici. Certo questo ha in molti casi ingessato alcune cose ma ha anche consentito di preservare centri storici e monumenti inestimabili. Dire oggi che le sovrintendenze sono orpelli inutili che non devono occuparsi di questo (tanto varrebbe allora dire che non debbano proprio esistere) non è, almeno in questo caso, una battaglia di rinnovamento del Paese ma mostra piuttosto una volontà di non aver freni e contrappunti al proprio operare.