E il centrosinistra che fine ha fatto?

Da il Nuovo Corriere di Firenze del 25 novembre 2010

Caro Direttore,

oggi aprendo il tuo giornale come al solito, mi imbatto in prima pagina nel “manifesto” a doppia firma di Andrea Barducci e Renzo Crescioli, titolato impegnativamente Terza Via a sinistra. Vista l’autorevolezza delle firme, il titolo assai attraente per un “blairiano” come il sottoscritto e la posizione a me cara in cui lo hai pubblicato ho iniziato subito a leggerlo.

L”articoletto si chiude con due parole molto suggestive ed evocative: libertà ed eguaglianza. L’ultima peraltro proprio il sottoscritto l’aveva adoperata sul tuo giornale chiedendo ai giovani rottamatori di inserirla nella loro discussione leopoldina. E dunque mi viene da interloquire coi due estensori del documento. Intanto mi chiedo, e chiedo loro, perché iniziare un manifesto in difesa? Dite che non è tempo di rottamare ma di costruire e lo fate ponendovi subito altri rispetto a un movimento che, almeno uno dei due, ha legittimato intervenendo e portando lì i propri argomenti. Perché cercare legittimazione a partire da un iniziativa, un movimento, che si considera non pienamente proprio e riconoscibile? E perché porlo come minaccia all’alienazione della politica da parte delle giovani generazioni quando proprio queste ultime erano maggiormente protagoniste dell’iniziativa della Leopolda? Forse più utile, sia detto senza polemica ma con spirito costruttivo come raccomandato dai due estensori, sarebbe interrogarsi sul modello attrattivo messo in campo dai rottamatori e chiedersi come estenderlo a quelli che alla Leopolda non c’erano e a quei tanti giovani che non sono raggiunti da quei messaggi o da quegli strumenti tecnologici. Dunque interrogarsi sui mezzi è necessario visto che questi prefigurano sempre i fini e serve a poco presumere di avere le idee migliori se queste non valicano i confini, certo familiari, delle nostre case del popolo.

Forse sarebbe utile parlare di comunicazione o ancora meglio farla, e metterla al servizio di quelle parole così solenni e impegnative che chiudono l’articolo.

Infine un altra notazione, più generale che lascio come interrogativo ai due estensori e forse al PD tutto. Dicono, Barducci e Crescioli, che servono parole e temi di sinistra, in analogia a quanto il segretario del PD Bersani elencava pochi giorni fa alla trasmissione di Fazio e Saviano. Figurarsi se il sottoscritto non è d’accordo. Ma se tale è il bisogno di parte così autorevole di tanti dirigenti del PD e non solo, non sarebbe forse necessaria anche una riflessione su un partito che era nato per essere qualcosa di più e di diverso dalla sola sinistra? Se è finito, non avvertito, il bisogno di centrosinistra e si ritiene necessario, certo aldilà di una semplice distinzione correntizia, riproporre la sola sinistra come identità e cammino non è forse arrivato il momento di un giudizio su un partito che molti finiscono per non sentire proprio, impalpabile e indefinito per i propri dirigenti, figurarsi per iscritti ed elettori. Seguire una strada di lento consumo, di ritorno al passato in contenitori che si dicono nuovi è un espediente che rassicura ma non convince e non attrae.

Ai costruttori dunque un in bocca al lupo sincero confidando che se anche non terza possano aiutare a trovare una via all’eguaglianza e alla libertà.

Perchè Renzi ha già vinto il congresso PD

Dal Nuovo Corriere di Firenze di oggi.

E’ probabile che alla fine i candidati appoggiati da Renzi prevarranno, ma anche se così non fosse il sindaco, il congresso del PD lo ha già vinto. Per (molti) suoi meriti e per (molti) demeriti dei suoi avversari.

Intanto Renzi in questo anno e mezzo ha fatto il sindaco e mai il segretario di partito, a differenza del suo predecessore. Non ha messo bocca nelle vicende del PD fiorentino e poco anche in quelle del gruppo consiliare, ha conservato il suo ottimo rapporto coi cittadini, ha mantenuto consenso personale e ha occupato la scena della politica amministrando e facendo operazioni di comunicazione e di costruzione del consenso perfette come i 100 luoghi. Non occupando la scena del partito è riuscito ad occuparne il campo, a surrogarne i compiti e ad essere oggi lui l’unico soggetto politico.

Accanto a ciò ha ridimensionato o ammansito i suoi vecchi oppositori ed adesso lascia loro la (possibile) partita per le candidature alle prossime politiche. Un potere non piccolo direte? Una partita che Renzi, però, non ha bisogno di giocare. Il suo potere all’interno del PD non passa da qui. La partita di Renzi è ormai una partita romana, ha saputo diventare un leader nazionale e i suoi interlocutori sono Veltroni, D’Alema e Bersani non certo i loro luogotenenti locali.

Infine ha, anche qui per molti demeriti altrui, pressoché annullato la componente pistelliana approfittando della lontananza di Lapo, della frammentazione dei suoi simpatizzanti e della mancanza di leader possibili per capacità e autorevolezza riconosciuta. Risultato? La scomparsa di una componente organizzata che, sulla carta, poteva essere la vera “opposizione” interna.

Se questi i meriti di Renzi, quali i demeriti dei suoi avversari? Uno su tutti, lo sguardo rivolto al passato. Vale per Cioni e i cioniani innanzitutto. In una città che ha tripudiato Renzi in quanto fine del “regime” Domenici, come può apparire credibile l’ “opposizione” di Cioni e di Albini? Per quanto possano essere in buonafede i due rappresentano un sistema di potere che Firenze aveva finito per detestare e che nessuno vorrebbe oggi indietro. Ma lo sguardo al passato è lo stesso che caratterizza il competitor istituzionale Barducci. Per i metodi innanzitutto: caminetti nelle stanze di palazzo, accordi con sindaci e “potentati” locali. Anche i contenuti però non mancano: Barducci è stato per cinque anni il vice di Renzi, senza nulla da ridire né sui modi né sui contenuti.

Analogo discorso vale per i sindaci della Piana, prima hanno atteso la fine di Domenici confidando nella perdita di potere di Firenze per aumentare quello loro di veto. Quando poi si sono trovati davanti il dinamico Matteo non hanno fatto altro che esercitare quel veto. Posizione che forse renderà sul piano amministrativo ma di certo non costruisce egemonia.

Infine il cosiddetto “partito dei circoli”, che pensa di rispondere alla comunicazione in tempo reale di Renzi con documenti della base, assemblee e ritorno alle sezioni come luogo di mediazione degli interessi. Un po’ come dire che una volta inaugurata la TAV debba essere percorsa da locomotive a vapore.

Ecco perchè Renzi ha già vinto, perchè la sua è al momento l’unica chiave di lettura della città contemporanea, e quindi, qualunque sia il risultato dei congressi, lui resterà, se non l’unico e possibile, almeno il prevalente interlocutore dei cittadini nei confronti della politica sul versante PD.

Dunque non esiste alcuna possibilità per chi ha una visione politica diversa, non omogenea a Renzi? No qualcosa potrebbe esserci. Intanto Renzi non è il renzismo, anzi il renzismo non esiste. Renzi è ditta individuale, il suo non è un sistema di potere plurimo. Non che non esista un inner circle renziano di fidati e validi collaboratori, ma questi sono più “tecnici” che “politici”.

Un uomo solo, per quanto bravo e per quanto possa lavorare come Stakanov, resta un uomo solo, soprattutto di fronte ai problemi. Costruire su questo opzioni, non in contrasto, ma in ausilio alla politica del sindaco è uno spazio politico che si potrà aprire. Servono però competenze e idee da offrire, poco spazio per le ambizioni personali e un orizzonte che al momento può apparire lungo.

Altra strada da percorrere è quella di essere più contemporanei di Renzi. Di “sfidarlo” sul suo terreno, essendo capaci di parlare la lingua (avendo naturalmente qualcosa da dire) con la quale Renzi si rivolge ai cittadini. Occupare il suo stesso spazio politico. Non è un problema di anagrafe ma di freschezza mentale. Di riferimenti culturali e politici.

Quest’ultima è una strada ancora più lunga, significa rompere con rassicuranti abitudini e posizioni di rendita, di rimettersi a studiare e di fare sfoggio di umiltà. Di imparare dai propri errori e dalle capacità dell’avversario.

Alla fine però resta l’unico modo per costruirsi come alternativa o come interlocutore vero. Per rappresentare qualcosa di più di sé stessi o al massimo dei propri (pochi) iscritti.

Firenze è la nostra casa: costruiamola insieme

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Giovedì 4 giugno alle ore 18.00 in Piazza Madonna della Neve (quella dentro l’ex carcere delle Murate) parlerò di urbanistica e governo del territorio insieme a Silvia Viviani che è la presidente dell’Istituto Nazionale di Urbanistica per la Toscana, Andrea Barducci candidato alla presidenza della Provincia di Firenze e Riccardo Conti, assessore regionale proprio su questi temi.

Affronteremo il futuro dell’urbanistica a Firenze e le possibilità che i nuovi strumenti normativi mettono a disposizone per costruire una città bella, moderna e giusta.