La fase due degli altri – il caso francese

French Prime Minister Edouard Philippe presents his plan to exit from the lockdown at the National Assembly in Paris, Tuesday, April 28, 2020. French Prime Minister Edouard Philippe has outlined a stringent plan to fight coronavirus in France by automatically testing everyone who\'s come in contact with someone infected with COVID-19. (David Niviere, Pool via AP)
(David Niviere, Pool via AP)

Propongo qui la mia trauzione integrale dell’intervento svolto dal Presidente del Consiglio dei Ministri francese Edouard Philippe di fronte all’Assemblea nazionale il 28 maggio 2020. Il testo in francese e il video dell’intervento li trovate qui.

Signor Presidente,

signore e signori deputati,

Eccoci dunque al momento in cui dobbiamo dire alla Francia come la nostra vita riprende.

Dopo lo scorso 17 marzo, il nostro Paese vive confinato.

Chi avrebbe immaginato, soltanto tre mesi fa, il posto che queste parole avrebbero avuto nel nostro dibattito pubblico? Chi avrebbe potuto immaginare una Francia nella quale, improvvisamente, le scuole, le università, i caffè, i ristoranti, la maggioranza delle imprese, le biblioteche e le librerie, le chiese, i templi, le sinagoghe e le moschee, i giardini pubblici e le spiagge, i teatri, gli stadi, tutti quei luoghi comuni, per usare una formula alla quale è affezionato il Presidente dell’Assemblea Nazionale, sarebbero stati chiusi?

Mai nella storia del nostro paese, abbiamo conosciuto una tale situazione. Né durante le guerre, né durante l’occupazione, né durante precedenti epidemie. Mai il paese è stato confinato come lo è oggi.

Ed è del tutto evidente, che non potrà esserlo per sempre.

Poiché se è vero che il confinamento ha costituito una tappa necessaria, potrebbe, se durasse troppo a lungo, determinare degli effetti deleteri.

È stato uno strumento efficace, per lottare contro il virus. Per contenere la progressione dell’epidemia. Per evitare la saturazione delle nostre capacità ospedaliere e, in questo modo, proteggere i francesi più fragili.

Dopo il 14 aprile, il numero dei casi di COVID-19 ospedalizzati diminuisce: da più di 32.000 pazienti ospedalizzati, è disceso a 28.000. Dopo l’8 aprile, il numero di casi di COVID-19 in rianimazione diminuisce. Sorpassavano i 7.100, è ormai di 4.600.

La discesa è iniziata ed è regolare. Lenta, lo vedremo, ma regolare.

Secondo uno studio dell’Ecole des hautes études de santé publique, il confinamento ha permesso di evitare almeno 62.000 decessi il mese. E 105.000 letti in rianimazione sarebbero mancati in assenza di confinamento. Io non credo, signore e signori deputati, che il nostro Paese l’avrebbe sopportato.

Ma uno strumento è valido solo se i suoi effetti positivi non sono, nel tempo, superati dalle sue conseguenze negative.

Ora noi sappiamo, per intuito o per esperienza, che un confinamento prolungato aldilà dello stretto necessario avrebbe, per la Nazione, delle conseguenze gravissime.

Noi sentiamo che l’arresto prolungato della produzione di parti intere della nostra economia, che il turbamento duraturo della scolarizzazione per un gran numero di bambini e adolescenti, che l’interruzione degli investimenti pubblici o privati, che la chiusura prolungata delle frontiere, che l’estrema limitazione della libertà di circolare, di riunirsi, di fare visita agli anziani genitori o ai propri cari, presenterebbero per il paese non solo l’inconveniente penoso del confinamento ma in verità quello, molto più terribile, del collasso. Non uso questo termine a caso. Mi si accusa più spesso di abusare della litote che dell’esagerazione.

Dobbiamo dunque, progressivamente, prudentemente, ma anche risolutamente, procedere a un de-confinamento sia atteso che rischioso.

L’obiettivo del governo è di presentare all’Assemblea Nazionale, e grazie a questa, ai francesi, la nostra strategia nazionale, cioè, gli obiettivi che ci siamo posti e le modalità con le quali andremo a procedere per ottenerli a partire dal prossimo 11 maggio.

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