Dante e il consiglio comunale

Enrico Bosi è un signore mite ed educato. E’ un collega consigliere del centro destra, provenienza Forza Italia; sempre compito, sempre elegante, certamente colto ed innamorato della sua città. E’ però innamorato di una città che non c’è più, o forse non è mai esistita. Una città tardo ottocentesca, coi suoi caffè, le riviste letterarie, e lo scappellarsi dinanzi al re, ringraziandolo per averci fatto capitale. La Firenze dei signorotti e dei borghesi, amanti della vita e dei suoi piaceri. Eccolo però imprigionato nel nostro tempo, nella caotica quotidianità di una Firenze invasa dai turisti e dalla calca. Però contro questi non si può andare, perché la Firenze un po’ bottegaia e attenta al money degli stranieri è anche quella che lo elegge. Dunque da uomo di lettere si immerge nel passato e ogni tanto esce con una proposta delle sue.

Lo ha fatto con la statua di Vittorio Emanuele in piazza della Repubblica lo fa oggi chiedendo al consiglio comunale di riabilitare Dante Alighieri, revocando l’editto di esilio che, nel 1302, lo cacciò da Firenze.

Come penso si sia capito dal tono di questo post a me Enrico Bosi sta simpatico. Per questo quando propose di posizionare la statua di Vittorio Emanuele in piazza della Repubblica, gli risposi proponendo sì una statua ma quella di Sandro Pertini per rendere omaggio alla Repubblica che a quella piazza porge il nome.

Oggi però non posso non pensare che quella di Bosi sia una proposta inutile e sbagliata. Inutile perché non ha senso, amministrativo, politico, culturale, revocare atti del 1302 da parte del Comune di Firenze. Non ha senso perché non c’è la continuità politica e istituzionale con quella Repubblica Fiorentina, sbagliata politicamente perché da’ un idea della politica come attenta a cose inutili e disattenta dei bisogni dei cittadini. Sbagliata perché fa perdere tempo alle commissioni, al consiglio e alla giunta su una cosa che non ha nemmeno valore simbolico visto che, Padre Dante, è tornato grazie anche alle letture di Benigni (organizzate dal comune di Firenze tra l’altro) ad essere un autore di successo.

Dante è già un padre della patria, la sua statua di marmo orna da lungo tempo piazza S.Croce da cui “mira dall’alto l’immane casino”, le sue spoglie sono state traslate nella sua città a ricomporre l’esilio (agli esiliati infatti non era nemmeno concessa la sepoltura). Riletto politicamente, il fascismo ne fece uno dei simboli del regime e identificò in Mussolini il velcro che avrebbe salvato il Paese, studiato acriticamente, rappresentato spesso e volentieri senza criterio e gusto, ha oggi invece le potenzialità per rimanere il padre della letteratura italiana e uno dei padri di quella europea e basta.

Non esiste motivo per cancellare dunque un atto revocato già dalla storia e dalla grandezza del poeta. Esistono invece i presupposti per studiare Dante, difenderne la memoria e l’arte, salvare la società dantesca come il consiglio e il comune stanno tentando di fare in questi mesi.

E l’amico Bosi che potrebbe fare? Magari spiegare a quella Firenze che si inquieta e protesta per Benigni in S.Croce che lì si riabilita, davvero, il sommo poeta.