Dalla morale al moralismo

Dal Nuovo Corriere di Firenze del 3 febbraio 2011

All’epoca del caso Lewinsky qua da noi il commento generale era, più o meno, “in Italia non sarebbe possibile”. Troppo poco moralista la nostra società, più aperta, più evoluta, si diceva.

Invece a leggere alcune cronache di questi giorni si rischia di cambiare idea e di chiedersi se i padri pellegrini invece che sulle coste del Maine siano sbarcati intorno a Ostia.

Non parlo solo di Ruby e delle notti di Arcore; penso all’ex governatore Marrazzo “sputtanato” di nuovo perché trovato in auto con un trans senza che il controllo di polizia avesse nulla da rilevare, oppure quel parlamentare “sorpreso” a guardare un sito porno col suo ipad. E mi spavento se il metro del giudizio dovesse diventare quello che contengono i nostri hard disk perché in tanti anni di lavoro sui pc degli altri non ricordo una cronologia internet al di sopra di ogni sospetto.

Ma ancora le proteste per Miss Padania a San Miniato, quelle del consiglio comunale di Firenze contro il calendario Toscani, un moralismo serpeggiante che coinvolge anche le istituzioni e che fa venire i brividi, evocando modelli di stato etico che pensavamo sconfitti.

Che poi qualche dubbio sulla reale “moralità” di queste campagne ti prende se a farle è quella Repubblica dello stesso gruppo editoriale che pubblica l’Espresso, indimenticato campione della classifica “tette e culi” di Cuore. Un uso politico della morale che stride, contrasta, inferocisce quando lo vedi venire in particolare da sinistra, ti pare soltanto in nome del TTB (Tutto tranne Berlusconi), incapaci di capire che cose sbagliate, come diceva Sciascia, non saranno mai in grado di costruire cose giuste.

Certo non si discute che sia in atto nella nostra società un modificazione della gerarchia dei valori, ma di questo il sesso e la sessualità sono sintomi e non cause, come le scorciatoie del successo dei talentshow, l’esasperazione dello sport agonistico, e le famiglie che desiderano questi destini per i loro figli come i nostri genitori desideravano per noi che studiassimo e trovassimo un “lavoro serio”.

E poco serve a contrastare questo cambiamento (qualora naturalmente lo si ritenga sbagliato) l’indignazione, il richiudersi nel rassicurante recinto della superiorità morale, che anzi finisce per isolare ancora di più dal resto della società e ciò temo valga in modo maggiore quando ci si rivolge alle donne.

La sinistra, le donne, in questo Paese hanno fatto durissime battaglie perché il corpo delle donne fosse a queste restituito. Libere di farci quel che a loro pare, anche se a noi non piace. Non sarà giudicandole che restituiremo loro la capacità di scegliere cosa sia meglio.