Una buona comunicazione e un canale.

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Ormai le pagine web paiono (qui da noi) finite. Tutto è social. Dall’informazione, al customer care, tutto è rarefatto, temporaneo, breve. Tutto dura il tempo di un tweet presto scordato. Un modello paradossale dove l’ultramoderno convive con i fax, le carte da bollo. Stesso speculare modello di (scarsa) partecipazione e diffusione delle informazione e di conseguenza alle scelte. Un tema enorme che ha a che fare sul dibattito sul populismo (ormai tutto è populismo persino i populisti che rinfacciano agli avversari di essere populisti), sulla qualità delle nostre democrazie e più in generale sul diritto alla conoscenza.

Ancora più in generale il tema dell’approfondire le notizie pare ormai fuori moda. I giornali online calcolano i tempi di lettura dei propri articoli, i direttori di giornali chiedono ai propri redattori di considerare la soglia di attenzione dei lettori al pari di quella di un dodicenne (quando va bene). Tutto è rapido, leggero, etereo. Buono per durare il tempo di una mezza giornata.

Quindi quando ti imbatti in qualcosa di diverso, di approfondito senza essere pesante, ti senti rinfrancato. A me è capitato girellando sul sito della città di Parigi. Una città che è tante cose ma anche un luogo in cui la gente vive con gli stessi, più o meno, problemi di qui. Compresi i lavori pubblici. Capita quindi che uno dei luoghi a me più cari, il canale  Saint-Martin, debba essere completamente svuotato per manutenzione.

Un lavoro lungo, tre mesi, complesso ma indispensabile che toglierà a molti uno dei luoghi preferiti per passeggiate e ad altri una via d’acqua utilizzata come comunicazione o via di trasporto. Ecco che il comune crea una sezione di informazione sui lavori, scritta bene, in modo semplice, con capitoli ben chiari in cui spiega, mostrandoti pure l’avanzamento nella lettura del capitoletto, tempi, necessità dei lavori, modalità di esecuzione. Persino come salvaguarderanno i pesci presenti nei canali (tranquilli non ne faranno una grigliata) e le cose improbabili che si troveranno una volta prosciugato il canale (auto, motorini, bici, segno che l’inciviltà non ha confini).

In definitiva, a mio avviso, una comunicazione efficace, al termine della quale, i più puntigliosi possono scaricarsi anche dei pdf per approfondire. Immagini, mappe, testi leggibili, facilmente rintracciabili. Da cittadino vorrei sempre una comunicazione così, rispetto all’apoteosi di tweet celebrativi che inondano le nostre timeline, ma mi si dirà che sono antico e che il futuro è una palla di cannone accesa e noi lo stiamo quasi raggiungendo.

Le pagine del comune di Parigi sui lavori del canale Saint-Martin le trovate qui

Come la neve fa cantare Renzi fuori dal coro della comunicazione

Dal Nuovo Corriere di Firenze del 2 febbraio 2012.

Alla fine la neve è arrivata. Poca o tanta dipende da quale prospettiva la si guardi: seguendo la nevicata sui social media pareva che fosse in corso una “tormenta” (come twittava un autorevole amministratore cittadino), con stoici inviati di testate importanti costretti ad una notte in bianco per seguire i lavori di pulitura strade. A guardarla dalla finestra di casa ci pareva una nevicata come ne capita ogni tanto d’inverno. Detto questo va premesso che la macchina del Comune e della protezione civile ha consentito di minimizzare i disagi e liberato le strade garantendo la viabilità verso scuole e luoghi di lavoro, in città ma anche nell’hinterland. Quello che però interessa qui è la gestione della comunicazione dell’evento, con la creazione e l’amplificazione di un effetto “ansia” già presente dopo la nevicata di due anni fa e il disastro organizzativo di quell’evento. Certo a muovere gli amministratori pubblici c’era quel principio di precauzione che declinato alla fiorentina recita più o meno “meglio aver paura che buscarne”, più che comprensibile certo ma che riflette, almeno nel caso del primo cittadino fiorentino, anche un modello comunicativo fatto di enfasi, sovrapposizione tra comunicazione personale e comunicazione istituzionale e sovraesposizione di messaggi e informazioni, effimere o per la natura del media da cui si lanciano o per la durata del messaggio prima che ne arrivi un altro. Non sta a noi dire se questo tipo di comunicazione sia o meno efficace (dipende molto dallo scopo naturalmente)  ma ci pare utile sottolinearne la differenza rispetto a un modello comunicativo nazionale che, negli ultimi mesi, è profondamente cambiato. Insomma non sono più i mesi (e gli anni) di Berlusconi con la sua roboante presenza e ingombranza, tempi in cui Renzi pareva l’unico del centrosinistra a cantare intonato al mainstream comunicativo plasmato dal Cavaliere. Nell’era della sobrietà di Monti, l’effetto è quello di una voce dissonante (non per questo sia chiaro meno affascinante). Monti non sovrappone la propria comunicazione personale (anzi  non ne ha proprio) con quella del governo. Non ha account twitter o facebook, parla attraverso i canali istituzionali o in conferenze stampa fiume che hanno l’aspetto (e il rigore) di lezioni universitarie, humor compreso ma che manifestano un rapporto adulto col cittadino, messo nella condizione non solo di essere informato ma di poter capire quanto comunicato. Certo non è esente da scivoloni, come la pagina alla nordcoreana con gli estratti delle lettere al premier con la bambina che lo chiama nonno Mario.  Tuttavia siamo di fronte ad uno stile diverso che sembra essere molto meno presente sui media (poi in realtà questo governo parla un sacco), improntato a un meneghino spirito del fare, del far sapere senza però farci romanzi sopra. Dunque nel riposizionamento in corso da parte di Matteo Renzi paiono cambiate molte cose (la tempistica, l’attenzione dal nazionale al locale, una propensione a parlare di ciò che fa qui piuttosto di quello che farà per il Paese) ma non l’irruenza comunicativa, una scommessa precisa nei confronti della sobrietà dei professori.