Perché il PD di Barca potrebbe non dispiacere a Renzi

barca e il sol dell'avvenire

Articolo apparso su Corriere Nazionale – Qui Firenze il 10 maggio 2013.

Con il pubblico che lunedì sera affollava il teatro Puccini per ascoltare Fabrizio Barca si sarebbe tranquillamente potuta convocare la direzione degli ultimi Ds fiorentini se non dell’ultimo PCI; sicuramente del PDS. Un pubblico ancora confuso dalla non vittoria elettorale, dal crollo di Bersani e dal governo Letta. Si trattasse di aderenti al PD o a SEL emergeva un bisogno, sintetizzato dal padrone di casa Sergio Staino, di un partito compiutamente di sinistra. Come questo si concili con quanto scritto e affermato dallo stesso Barca anche lunedì sera, non è molto chiaro. Barca infatti, molto onestamente, non ha mai dichiarato né di voler cambiare la natura del PD né proposto la nascita di un soggetto a sinistra confluendo magari nell’ennesimo cantiere proposto da Vendola. Quello che si propone Barca è di fornire un contributo al PD per definirne meglio la propria identità o almeno l’identità della sua componente di sinistra. In questo senso la collaborazione con Renzi, da parte di Barca, non appare episodica o tattica ma si basa sulla convivenza di tre grandi famiglie politiche nel rinnovato PD (i socialcomunisti, i liberaldemocratici, la sinistra democristiana). Il grande rischio di tale ipotesi, almeno a parere di chi scrive, è la cristallizzazione delle famiglie politiche, impedendone di fatto il superamento e la nascita di un soggetto politico veramente nuovo, e una divisione dei compiti in cui le famiglie democristiana e liberal democratica governano il Paese e le Istituzioni mentre la tradizione socialcomunista il partito. Un film già visto in questi anni che non ha portato benissimo alla componente di sinistra del PD.

Perchè Sanremo è Sanremo.

 

Dal Nuovo Corriere di Firenze del 16 febbraio 2012.

L’immagine di un Paese la si coglie anche nelle sue manifestazioni, nel suo apparire. In questo senso il Festival di Sanremo è stato per lungo tempo l’immagine dell’Italia democristiana e rassicurante. Non certo uno spaccato sociologico del Paese, piuttosto una rappresentazione scenica di quello che, la classe dirigente italiana al potere, avrebbe voluto che il Paese fosse. Retorica, buoni sentimenti, poca politica, un po’ di impegno sociale e qualche guitto (cantante o ospite) a far divertire sovrani e popolo. Dunque una celebrazione di un modello piuttosto che una fotografia dell’Italia che cambia. Se dunque questo era il tema e lo scopo del festiva dei fiori, la prima puntata andata in onda martedì, preoccupa alquanto. Televisivamente parlando uno spettacolo senza tempi, senza professionalità, con microfoni aperti sempre troppo presto e chiusi troppo tardi, vallette di rimpiazzo più fuori luogo del solito e una scrittura che tendeva al turpiloquio e all’eccesso (inteso come troppo parlare) anche senza l’intervento di Celentanoo l’incapacità di votare le canzoni che poi dovrebbe essere il cuore della manifestazione. Per non parlare delle canzoni stesse. Aldilà dei gusti personali e musicali, non c’era un testo non dico votato all’ottimismo ma almeno una vecchia rima cuore, sole, amore. Crisi, disoccupazione, Spiritualità, Dio e religione tanto per citare qualche tema comune a molti cantanti. Nemmeno si fosse al Tenco, piuttosto che a Sanremo. Inutile parlare di Celentano e il suo sermone, come notava Massimo Bordin, trattandosi di deliri non vale nemmeno la pena commentarli.

 

Tra Papi Silvio e Mamma DC

 

 

Dal Nuovo Corriere di Firenze del 13 ottobre 2011

Tempi duri quelli del segretario PdL Angelino Alfano, l’uomo che più di altri dovrebbe mettere in crisi i sociologi dell’antiberlusconismo: bruttino (sia detto con rispetto), pochi capelli, accetto marcato e tempi del parlare non certo televisivi. Insomma tutto il contrario di quello che ti aspetteresti come delfino del berlusconismo; il che dimostra, ancora una volta, che Berlusconi è molto di più di quello che ci aspettiamo da lui o della caricatura che i suoi nemici di professione ne hanno fatto in questi anni, quasi a sorta di polizza della di lui vita politica.

Ma Alfano se è figlio (politicamente s’intende) di Berlusconi ha però come mamma la buona e vecchia DC dalla cui storia e affiliazione egli proviene. E per giunta dalla DC siciliana di cui era segretario giovanile ad Agrigento. Dunque ci immaginiamo la difficoltà del delfino a barcamenarsi tra la fedeltà a Silvio, che oltre ogni pronostico lo ha nominato erede, e quel movimento di ex che tra Pdl, Pd e terzo polo punta a rimischiare il campo e definire un nuovo soggetto per il dopo Berlusconi.

Un nuovo soggetto a forte vocazione centrista a cui paiono lavorare tanti ex della prima repubblica: dai democristiani Scajola e Formigoni, ai socialisti Sacconi e Brunetta per il Pdl, il sempreverde Casini per il terzo polo e il democristiano di sinistra Fioroni sul lato PD. Spettatori interessati della partita Tremonti e Veltroni (il quale ha capito probabilmente che l’attuale assetto e la sopravvivenza del PD non prevedrebbe un suo ruolo da protagonista all’interno dello stesso) e grande vecchio dell’operazione Beppe Pisanu.

Fantapolitica probabilmente ma forse un’ipotesi di lavoro sulla quale si giocano le molte ambizioni dei tanti che si sentono pronti a raccogliere la sfida del dopo-Berlusconi.