Bergoglio riformatore «assoluto»

«Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire» le parole che vengono pronunciate dal Conte Zio al Padre provinciale ne I Promessi Sposi, sembrano lontanissime dal pontificato di Papa Francesco.
Esuberante nei modi e nell’eloquio, spumeggiante nel contatto con la gente fino – letteralmente – all’ultimo giorno, Bergoglio è stato Papa innovatore e persino di rottura in molti campi, tutto il contrario di quello che sottintendono le Parole del Manzoni, eppure nel bilancio del suo pontificato, almeno per quanto riguarda gli aspetti di riforma delle istituzioni ecclesiastiche alcune troncature e assopimenti si vedono.
Il Papa venuto dalla fine del mondo ha da subito, fin dal primo viaggio a Lampedusa al limite ultimo del continente europeo, mostrato il suo sguardo fuori dal continente. Snobbate le Capitali, ha ignorato la cattolicissima Spagna, disertato la Germania e in Francia si è recato solo nella «periferia» recandosi a Strasburgo (per il Parlamento europeo), Marsiglia ed Ajaccio.
Porti ed isole come metafore di viaggi e migrazioni. Ma sul Papa «politico» e internazionale molto è stato e sarà scritto in questi giorni e nei prossimi a venire.
Qui invece interessa ricostruire il Bergoglio «riformista» e sovrano dello Stato pontificio.
Quando Bergoglio succede a Benedetto XVI, il 13 marzo 2013, si trova a capo di un Chiesa piegata tutta su se stessa, incapace di cogliere pienamente i mutamenti sociali in atto. Il suo predecessore, grande teologo e detentore di una biblioteca personale di oltre 20.000 volumi, sembra incapace di andare oltre al recriminare contro il relativismo e l’individualismo dilagante, seppur fornendoci analisi dottissime e illuminanti. Almeno sembra essere questa la percezione dei Cardinali chiusi in conclave.
Tuttavia, oltre alla perdita di egemonia della Chiesa sul proprio gregge, il governo della Curia romana sembra essere completamente fuori controllo. Le finanze vaticane non rispettano alcuno standard di controllo internazionale, nessuna norma internazionale di trasparenza, tanto da far considerare la Santa Sede al pari di un paradiso fiscale.
La Curia, lasciata senza guida, appare autoreferenziale e si dedica al suo passatempo preferito da più di mille anni, dividersi e rivaleggiare tra i suoi membri, con un di più dato dai tempi moderni: che le «beghe» di Palazzo fanno molto spesso la loro comparsa sui media, veicolate talvolta da faccendieri e misteriose signore.
Forse sarà anche l’incapacità di tenere a freno questo rumore di fondo, oltre alla fatica dell’età, a portare al gesto inimmaginabile delle dimissioni di Ratzinger.
Bergoglio, dunque, pare essere stato scelto – o indicato dallo Spirito Santo per chi crede – come quello, tra i vari Cardinali, capace di rimettere in ordine, di donare trasparenza al governo della Chiesa, di troncare e sopire gli scandali.
Nel suo distacco con l’Europa e le Chiese del continente, in particolare quella francese e tedesca, peserà anche l’atteggiamento nei confronti degli scandali sulla pedofilia. Rispetto a Chiese nazionali capaci, come quella francese, di parlare di «pratica sistematica» nel proprio rapporto del 2021 sul tema, Bergoglio, pur non minimizzando e negando gli abusi, terrà un profilo invece più basso, meno «dirompente» rispetto ad altri temi sensibili trattati dal Pontefice.
Più energico sarà il lavoro del Papa nei confronti della Curia, spesso vissuta lontano da Roma come un intralcio alla missione pastorale, che invece deve diventare, per Francesco, un apparato a servizio delle Chiese locali, soprattutto di quelle più lontane. Per questo prende in mano direttamente, da sovrano assoluto qual è, la sua riforma.
La prima mossa è quella di creare un consiglio ridotto composto da 9 cardinali, per stilare una riforma delle regole di funzionamento dettate da Giovanni Paolo II. Di questo organismo gli italiani sono solo 2, gli altri arrivano, come il Papa, dalle varie «fine del mondo».
Il messaggio è chiaro: il governo della Chiesa deve riflettere la sua diversità. Questo varrà anche per il Conclave che dovrà eleggere il suo successore, affollatissimo (nonostante le regole impongano un massimo di 120 Cardinali elettori ad oggi se ne contano 135), cosmopolita e con gli europei in netta minoranza, e soprattutto, per più dei due terzi necessari all’elezione, nominato dal Papa Francesco.
Altro punto sul quale forte e autoritaria è stata l’azione papale è quello delle finanze vaticane. Lavoro urgentissimo, si svolge già dai primi mesi di pontificato, anche sotto la pressione non proprio discreta degli organismi finanziari internazionali che hanno man mano declassato la Santa Sede al Pari delle Isole Cayman.
Per uscire da questa nassa, Francesco punta sulla trasparenza. Una novità per questa materia. Intraprende un lavoro di ricognizione e di verifica personalmente, chiedendo – sacrilegio – consiglio a esperti laici di sua fiducia, esterni a chi, fino a quel momento, deteneva il potere finanziario della Chiesa.
Il lavoro di queste inchieste porta ad una rivoluzione vera e propria dello IOR, la banca del Vaticano, riportandolo a standard internazionali accettabili. Oltre 5.000 conti correnti vengono chiusi senza troppo clamore e si definisce una regola per la quale solo le istituzioni religiose e le persone legate per incarico e dovere alla Chiesa possano aprire conti presso l’Istituto.
Ma il percorso di riforma non si fermerà qui e non sarà né breve né facile. Probabilmente neanche concluso alla scomparsa del Pontefice. È un percorso comunque di cui ancora sappiamo molto poco, in questo Francesco mantenendosi alla tradizione, ma che ha portato i vari dicasteri romani ad avere e a dover rispettare un budget definito, a sottoporsi ad audit, e ad essere supervisionati da un Segretariato per l’economia.
Anche il patrimonio immobiliare vaticano è stato centralizzato e razionalizzato presso lo IOR che, a sua volta, ha visto nascere un «comitato per gli investimenti della Santa Sede» che verifica l’eticità delle scelte di investimento della banca. Infine Papa Francesco ha creato una vera e propria «authority» – l’ASIF – dotata anche di poteri di «polizia fiscale».
Appare evidente che tali rivoluzioni abbiano creato molti malcontenti e che siano stati frutto più di strappi del Pontefice, piuttosto che di processi condivisi e concordati. Di certo è che il malcontento non si è trattenuto all’interno delle mura vaticane e spesso documenti e indiscrezioni sono apparse sulla stampa mondiale. Anche in questo caso però quello che è stato innovativo, rispetto agli analoghi casi occorsi sotto il pontificato di Benedetto XVI, è stata la reazione: un prelato ed un laico accusati di aver consegnato documenti alla stampa sono stati arrestati dalla gendarmeria vaticana.
Forse invece non del tutto voluto sarà il clamore che susciterà lo scandalo dell’immobile londinese che costerà, molto più di altri scandali del passato, alla «carriera» del potente segretario di Stato George Pell e più in generale al «ridimensionamento» dell’enorme potere di quella carica.
Godendo appunto di totale discrezionalità il segretariato di Stato aveva investito somme ingenti nell’acquisto di un immobile nella capitale inglese versando enormi commissioni a vari intermediari la cui utilità, nel processo di compravendita, non appariva chiara. All’esito dell’operazione la perdita per le casse pontificie era stata di oltre 150 milioni di Euro.
Anche in questo caso l’esito della vicenda sarà all’insegna dell’innovazione e della «trasparenza», quanto meno rispetto agli standard vaticani: il Cardinale Angelo Bacciu, segretario di Stato vicario, sarà rimosso dalle proprie funzioni (ma non dal suo status cardinalizio tanto che oggi chiede di poter partecipare al Conclave) da Papa Francesco, mentre si terrà anche un processo, presso la corte di giustizia vaticana, per rintracciare i numerosi attori di questo «affare».
Da questa vicenda Papa Francesco proseguirà l’opera di riforma ma con molta più cautela. Meno teste rotoleranno anzitempo e con clamore, verranno attese le normali rotazioni o, persino, la scomparsa di chi «resiste» all’opera di rinnovamento. Opera che prosegue tuttavia dicastero per dicastero, commissione per commissione, ufficio per ufficio; però più lentamente dando speranza ai nemici del Papa, rinfrancati anche dal peggioramento delle sue condizioni di salute. Una resistenza che irrita Francesco tanto da tacciare questo atteggiamento di «gattopardismo spirituale».
Ma nulla pare fermare Bergoglio che riuscirà nel 2022 a emanare la nuova Costituzione Apostolica che dona al Pontefice ancora più potere nel controllare la propria amministrazione. Ogni dicastero deve rendere conto al Papa e dal Papa è nominato e a lui, e a lui solo, deve riferire. Una centralizzazione ed un assolutismo a cui i media dedicano molto meno spazio rispetto alle innovazioni che pure sono presenti nel testo. Dal maggior ruolo concesso ai laici e, soprattutto, alle donne che per la prima volta possono dirigere strutture curiali, anche se sarà solo nel gennaio di quest’anno che una donna, Suor Simona Brambilla, diventerà Prefetto del dicastero degli Istituti di vita consacrata.
Come per molti aspetti del suo pontificato, Francesco, doserà sapientemente innovazione e tradizione, illuminando però la prima e tendendo a lasciare indietro, mediaticamente, la seconda. Un atteggiamento che forse lo ha reso più amato, fuori dal suo gregge che all’interno dello stesso e che rende complesso tracciare un vero bilancio del suo agire.

Articolo apparso su Cultura Commestibile n. 574 del 26 aprile 2025